La ragazza del 15-18

23.10.2015 10:54

Margherita Parodi Orlando era detentrice di un patrimonio ideale e familiare altissimo, intriso di fratellanza umana, attraverso l’adempimento di una missione che era fatta sì di scienza, ma anche di amore, di disciplina e di fede, verso la Patria e verso l’umanità

- Vincenzo Ciaraffa -

Per capire che cosa fu la Grande Guerra bisogna recarsi in pellegrinaggio al Sacrario Militare di Redipuglia, uno dei cimiteri militari monumentali più grandi al mondo, dove sono seppelliti i resti di 110.000 militari italiani caduti nel periodo 1915-1918 e i cui nomi sono noti, mentre quelli di altri 60.000 sono noti, invece, soltanto a Dio […] Ebbene, chi, come lo scrivente, non riusciva ad immaginare niente di più “maschilista” di un cimitero dedicato ai soldati di un secolo fa, si è dovuto ricredere: a Redipuglia è sepolta anche una donna! La sua tomba si trova al centro del primo gradone, posta alle spalle del sarcofago del Duca D’Aosta, il comandante della Terza, e si distingue dalle altre perché reca in rilievo una grande croce con a lato due stellette, il simbolo della condizione militare. Sul prospiciente colle di Sant’Elia, poi, dove un tempo si rincorrevano lapidi e piccoli monumenti, v’era una croce sui cui spiccava il simulacro di una veste da infermiera e il cui basamento recava due versi che colpivano soprattutto perché non ti aspettavi di trovarli lì: «A noi, tra bende, fosti di carità l’ancella; morte tra noi ti colse. Resta con noi, sorella!» […] Margherita Parodi Orlando era nata a Roma il 16 maggio del 1897  sicché quando, il 24 maggio del 1915, l’Italia scese in guerra contro all’Austria-Ungheria, aveva compiuto diciott’anni da pochi giorni, un’età in cui anche le giovani dell’epoca, come quelle di oggi, avevano la testa piena di sogni e di speranze ma essa volle fare una scelta che la impegnasse come un soldato: si arruolò tra le crocerossine e partì per il fronte assieme alla madre e alla sorella Olga. E non poteva essere diversamente perché Margherita era detentrice di un patrimonio ideale e familiare altissimo, intriso di fratellanza umana, attraverso l’adempimento di una missione che era fatta sì di scienza, ma anche di amore, di disciplina e di fede, verso la Patria e verso l’umanità. Come infermiera, fu assegnata alla Terza Armata comandata dal Duca Emanuele Filiberto d’Aosta, precisamente presso l’Ospedale Militare di Cividale dove, nonostante fosse abituata agli agi della sua condizione sociale, si tuffò nel lavoro d’infermiera con grande lena e spirito di sacrificio. Nella sua inconfondibile divisa bianca era sempre tra i feriti che arrivavano dalle prime linee, dove detergeva fronti madide di sudore, bagnava labbra arse dalla febbre e cambiava bende intrise di sangue e di pus: era come se dopo le devastazioni del cannone e della mitraglia, un filo di speranza riprendesse ad agitarsi nell’animo di quei soldati dalle carni straziate grazie all’operato di quella ragazza vestita di bianco e con una croce rossa sul petto. Ma Margherita voleva andare a prestare la sua opera sempre più vicino al fronte e perciò si fece trasferire presso l’ospedaletto da Campo di Pieris, sul martoriato settore dell’Isonzo, dove ottenne la concessione della Medaglia di Bronzo al Valor Militare. 

Il 4 novembre del 1918 l’Austria si arrese all’Italia che troppo tardi realizzerà di aver sacrificato la vita di 700.000 uomini soltanto per conquistare due città e alcune decine di chilometri di territorio. Erano stati quattro anni di una guerra totale che aveva fatto oltre dieci milioni di morti e defedato sia i combattenti che le popolazioni civili, sicché quando i soldati americani giunsero in Europa propagandovi il virus dell’epidemia spagnola, la più grande pandemia che la storia dell’umanità ricordi, Margherita contrasse il virus […] La “spagnola” come brevemente fu chiamata quella malattia era molto contagiosa, oltre che mortale stante le limitate possibilità terapeutiche dell’epoca, e nondimeno la crocerossina Margherita Parodi Orlando, pur appartenente ad una delle famiglie italiane più potenti dell’epoca, non volle fruire di alcun privilegio, non volle abbandonare il suo lavoro tra i soldati feriti o contagiati dal terribile morbo. Nonostante la giovane età, fiaccato dalle privazioni e dai sacrifici tipici di un fronte di guerra, l’organismo di Margherita non resse quando contrasse anche lei il terribile virus, mentre si trovava presso l’ospedale di Trieste appena liberata. Morì il 1° dicembre del 1918, implorando i suoi superiori di poter restare ancora al suo posto tra i soldati d’Italia. Ed è ancora là che la incontrerete se vi recherete a Redipuglia.