Marco Colombo

25.06.2015 17:11

Nato nel 1988, quando ormai qualsiasi località del mondo non distava da noi che poche ore d’aereo e sembrava che l’umanità non avesse più nessun luogo e nessuna specie da scoprire, Marco Colombo viveva una fanciullezza che non era dissimile da quella dei ragazzi della sua età e condizione in una Busto Arsizio che pur se non era più la Manchester d’Italia, era ancora una città turgida d’iniziative imprenditoriali e di mecenati, una categoria estintasi con la crisi economica. E’, dunque, in una città ancora senza confini mentali che nella vita di Marco arriva, all’età di undici anni, la svolta quando il papà gli consente di utilizzare la sua macchina fotografica, una Nikon F/70, il che unito all’interesse per la natura che egli mostra già da quell’età farà di lui uno dei più giovani fotografi naturalisti del mondo.  I suoi primi soggetti, infatti, furono fiori e rane locali ma qualche anno dopo iniziò ad apprendere le tecniche d’immersione per fotografare anche quell’importante fetta di flora e fauna che la maggior parte di noi ignora perché esistente e vivente sott’acqua. Con tali presupposti diremmo che fu inevitabile per lui laurearsi in Scienze Naturali. 

Contrariamente a quando si pensa e nonostante tremila anni di vandalismi e di violenze impunemente inflitti al paesaggio e alla natura, il nostro Paese può ancora vantare un’invidiabile biodiversità come Marco stesso sostiene nel libro fotografico “Paludi e squame” scritto assieme a Matteo De Nicola e pubblicato dall’Archivio Fotografico Italiano: «L’Italia vanta un primato erpetologico (dal greco herpethòn, vocabolo che rimanda allo strisciare) non indifferente - Oltre quaranta specie di anfibi e cinquanta di rettili popolano i vari ambienti, dalle acque del Mediterraneo alle vette alpine. In molti casi si tratta di entità endemiche del nostro territorio e che non si possono quindi trovare in nessun’altra parte al mondo - Tra i più eclatanti è possibile citare la salamandrina  - unico genere di vertebrati esclusivo d’Italia -  raffigurata non a caso sulla copertina di questo lavoro, nonché la vipera del Meridione, il tritone sardo, od euprotto, la lucertola delle Eolie e molti altri ancora». Come da lui dichiarato nel corso di un’intervista rilasciata alla trasmissione della RAI “Linea blu” l’anno scorso, per Marco Colombo fotografare alcune specie, oltre ad essere diventato un lavoro, è anche un modo di avvicinare gli esseri umani alla natura dove nulla è inutile, sbagliato od anche orripilante perché frutto di un’evoluzione iniziata miliardi di anni fa e non ancora arrestatasi, evoluzione di cui noi - non dimentichiamolo mai! -  siamo parte e, pertanto, potremmo perire con essa se non la salvaguardiamo come il nostro bene più prezioso. 

Il bacino del Mediterraneo è uno dei luoghi preferiti dal giovane fotografo naturalista di Busto Arsizio ma la località che ve lo attira di più è la Sardegna. Ma è giunto il momento di ritornare ad  Amblyocarenum nuragicus da cui siamo partiti. Detto anche ragno botola per la sua caratteristica di scavarsi la tana che poi chiude con una sorta di coperchio, questa specie è stata fotografata per la prima volta da Marco Colombo nel Parco Regionale di Porto Conte, in provincia di Alghero, nel 2007. Com’era logico aspettarsi la diffusione di quelle foto ha innescato tutta una serie di ricerche e collaborazioni su questo ragno mai censito, come ad esempio quella instauratasi tra il nostro bustocco con Bruno Manunza, del Dipartimento di Scienze Zootcniche dell’Università di Sassasi, e con Arthur Decae del museo di storia naturale di Rotterdam. La sensazionale scoperta è stata riconosciuta e annunciata al mondo scientifico dalla rivista “Arachnology”, il bollettino ufficiale della Società Aracnologica Britannica. 

Ma per conoscere veramente il lavoro di questo ragazzo con la faccia da ragazzo che, tra l’altro, non sembra per nulla impressionato dal fatto che il suo nome rimarrà per sempre legato a quello di una nuova specie vivente sulla terra, vi consigliamo di andare a visitare il sito internet: www.calosoma.it oppure il blog www.geniusloci.photo/ a cui egli collabora assieme ad altri tredici fotografi naturalisti.