Per un periodo breve eppure stupendo, io e il fifone a quattro zampe crescemmo assieme e, forse, per quella ragione egli si assoggettava a essere compagno, o paziente vittima dei miei giochi

23.11.2015 15:07

 

 

Ogni anno, all’inizio del mese di giugno, ricorre ancora la festa di San Salvatore, il protettore del mio Paese, giù al Meridione. Un tempo i paesani, ma anche i cittadini dei paesi vicini, erano molto affezionati a questo santo perché gli attribuivano poteri taumaturgici e, perciò, durante la festività era tutto un accorrere di fedeli che chiedevano qualche grazia o il lenimento di una pena nascosta. Questa festa, che si celebra tutt’oggi,  era famosa anche per i fantastici fuochi d’artificio che ne accompagnavano le varie fasi e per la gara tra pirotecnici che la terminava. Quando ero bambino quei fuochi erano la disperazione mia e di Remo, un bracco tedesco che supportava  - in modo piuttosto anarchico in verità - le battute di caccia di mio padre. In altre parole Remo ed io avevamo paura dei botti, anche se lui non si rese mai conto che per un cane da caccia la cosa era poco dignitosa. Ma Remo era un cane smagato che non aveva di queste sofisticherie intellettuali (o più semplicemente se ne fotteva della coerenza) e io, invece, ero troppo piccolo per esserne affetto. Per un periodo breve eppure stupendo, io e il fifone a quattro zampe crescemmo assieme e, forse, per quella ragione egli si assoggettava a essere compagno, o paziente vittima dei miei giochi. Il nostro affiatamento era perfetto e in famiglia mi riconoscevano una certa potestà su di lui. Sta di fatto che dove ero io, era anche lui. Ma ritorniamo a San Salvatore. La sua statua durante la festa era portata in giro per il paese preceduta dalla banda musicale locale e seguita da una moltitudine di fedeli ma anche da venditori ambulanti di palloncini e giocattoli il che per un bambino e un cane curioso costituiva un richiamo troppo forte. I problemi incominciavano quando il fuochista accendeva le micce dei fuochi d’artificio predisposti lungo il percorso della statua del santo. A quel punto, infatti, Remo ed io, scappavamo in direzione di casa (dove lui arrivava prima di me) per andare a nasconderci sotto il lettone dei miei genitori. Quando ciò avveniva, non erano poche le blandizie alle quali dovevano ricorrere papà e mamma per farci venir fuori da quel ricovero che odorava di foglie di granoturco. In genere andava a finire così: guardingo, mettevo la testa fuori e, poi, di corsa, andavo ad aggrapparmi alle sottane di mia madre mentre Remo, impudicamente, si metteva a saltellare tra le gambe di mio padre. «Non so cosa farà nella vita questo ragazzo ma con la paura che degli spari, di certo, non seguirà le mie orme, non sceglierà la carriera militare o farà mai il Carabiniere». Parecchie feste di San Salvatore terminarono con quella sofferta sentenza di mio padre che, poveretto, all’epoca non poteva certo immaginare che da grande avrei scelto proprio la carriera militare che, peraltro, si sarebbe svolta in modo dignitoso per ben quarantadue anni! Non so, dove tu sia oggi vecchio Remo e spero tanto che esista un paradiso canino senza fuochi d’artificio, certo è che mi sei stato vicino per quarantadue anni perché, ogni volta che partecipavo a un’esercitazione a fuoco, dove tra fucilieri, mitraglieri e carri armati sparavano tutti come matti, tu eri accanto a me.