Perché partorisce anche Barbie?

27.07.2015 16:43

 

Perché partorisce anche Barbie?

Per quanto assurdo possa sembrare ai nostri lettori l’unica che, fino ad oggi, si è proposta di fare una corretta informazione sulla gravidanza tra i più piccoli non è stata la Chiesa, non è stato lo Stato ma una fabbrica di giocattoli 

 

Il 18 aprile 1963 Mina diede alla luce un figlio avuto dall’attore Corrado Pani che, però, era sposato con un’altra donna. Per quella maternità fuori dal matrimonio la cantante fu messa al bando dalla televisione e anche avversata da una consistente fetta di opinione pubblica.  

“La zanzara” era il titolo del giornalino studentesco del Liceo Parini di Milano che, nel 1966, soltanto per aver pubblicato all’interno della scuola una ragazzesca inchiesta sul sesso scatenò un putiferio infernale in un’Italia che era pruriginosa e bacchettona, cioè democristiana. 

Abbiamo voluto ricordare i due avvenimenti per dare ai lettori l’idea dell’insopportabile Italia di ieri in fatto di morale e anche di costumanze sessuali.

L’anno scorso la Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) ha rilevato che l’età del primo rapporto sessuale tra i giovani si è abbassata a 13 anni e che nella fascia compresa tra i 14 ed i 18 anni si sta avendo un consistente aumento delle gravidanze, un evento che, data l’età degli interessati, non è né programmato, né desiderato, evidentemente. Sempre secondo i dati forniti dalla SIGO nel 2014, sarebbero state le ragazzine le più disinvolte, a ricercare rapporti sessuali con diversi partner, in modo quasi innocente, come fosse un gioco. Questa è l’Italia di oggi in fatto di morale e di costumanze sessuali. 

Chi ci conosce sa che non indugiamo facilmente in atteggiamenti moralistici e, pertanto, la scelta di comparare le opposte situazioni che si sono venute a creare in appena cinquant’anni nel campo dell’etica e dei costumi è dettata unicamente dall’esigenza di modulare il ragionamento.  In questo articolo, infatti, sorvoleremo sulle molteplici cause sociali, culturali e perfino antropologiche che regolano l’approccio fisico tra i ragazzi come, per fare un esempio, la corretta educazione sessuale da parte della famiglia e della scuola, perché ci interessa capire come mai siamo passati da un cupo bigottismo alla più rutilante incoscienza in appena una cinquantina di anni. Sì, perché se mezzo secolo fa scattavano assurde liste di proscrizione per gli adulti consenzienti che concepivano un figlio fuori dal matrimonio, oggi perfino le bambine/adolescenti che restano incinte assurgono a miti positivi per i media, in particolar modo per i rotocalchi, che forse non si rendono conto del male che fanno ai ragazzi con il loro fatuo modo di trattare un serio problema. Infatti, invece di rimarcare/spiegare l’inopportunità di praticare dei rapporti sessuali prima della completa maturità fisica, essi preferiscono indugiare sugli aspetti folclorici e sulla curiosità che, di solito, circonda quelle che negli USA chiamano “Teen moms”, adolescenti - mamme, non capendo che la gravidanza adolescenziale, se affrontata male, e se proposta peggio, è “contagiosa”. Lo dimostrano studi condotti da alcune università inglesi e norvegesi secondo le quali avere un “modello” che è stato interessato da una gravidanza in età adolescenziale, aumenta di molto la possibilità che l’esperienza venga ripetuta, replicata pericolosamente insomma. E non si tratta di un modo di dire perché in questo caso “fatuità” equivale veramente a “pericolosità” giacché una ragazzina che restasse incinta prima dei diciassette/diciotto anni di età per aver assorbito modelli negativi, metterebbe in pericolo la sua vita oltre a quella del bambino che porta in grembo, poiché la sua maturità fisica, la piena capacità di concepire non si ottiene prima di quell’età. Infatti, dopo l’arrivo delle mestruazioni il cranio, il torace ed il bacino di una ragazza continuano a crescere in un organismo che, di solito, non supera i quarantacinque chili di peso, il minimo occorrente affinché una gravidanza possa andare a buon fine e non comportare pericoli per la mamma-bambina e per il bambino-bambino se si decide di averlo. Come abbiamo anticipato, ci fermiamo qui per quanto riguarda le ripercussioni che un siffatto tipo di gravidanza potrebbe avere sull’organismo e sulla psicologia di una ragazzina, perché non possediamo le necessarie competenze per poterci credibilmente addentrare nel campo della ginecologia e della psicologia. 

Quelli di sopra, d’altronde, sono campi che non ci proponevamo neppure di esplorare avendo avuto in testa fin dall’inizio una domanda più articolata e più “politica”: famiglie, istituzioni, media, sanità pubblica, Chiesa, stanno affrontando efficacemente il problema delle gravidanze tra le bambine e le adolescenti? Sembrerebbe proprio di no, poiché la famiglia non riesce a trovare il tempo educare i propri componenti ad una corretta educazione sessuale; le istituzioni il problema neppure se lo sono posto in termini politici; la sanità pubblica non è più capace di erogare i servizi sanitari indispensabili figuriamoci l’educazione sessuale; la Chiesa ritiene addirittura peccaminoso parlarne in termini pragmatici.

Per quanto assurdo possa sembrare ai nostri lettori (e lo è…) l’unica che, fino ad oggi, si è proposta di fare una buona informazione tra i ragazzi sulla gravidanza è stata una fabbrica di giocattoli per bambini! La Mattel, la famosa casa produttrice americana della bambola Barbie, infatti, all’inizio degli anni Sessanta immise sul mercato una bambola con un pancione che si poteva “aprire” per vedere il bambino al suo interno, fatto che avrebbe richiesto la collaborazione di scuole e famiglie per produrre più marcati effetti. La Mattel, però, dovette sospendere la produzione di Barbie incinta per l’ostilità della Chiesa e del bigottismo dei conservatori americani, nonostante che la sua breve diffusione avesse fatto diminuire il numero delle bambine che rimanevano incinte. Soltanto alla fine degli anni Ottanta l’azienda statunitense riprese a produrla. Le domande finali che inevitabilmente seguono questo rapido excursus sulle gravidanze tra le adolescenti sono, e non potrebbe essere diversamente, tutte infuocate: «E facendo niente che intendiamo risolvere un problema che segnerà per sempre la vita di milioni di ragazzi e delle loro famiglie? Sono questi i contributi che possono dare la scuola, lo Stato e la Chiesa? Possibile che il problema delle gravidanze tra le ragazzine se lo sia posto una fabbrica di bambole e non il ministro per la sanità che, peraltro, è una donna?».

Ma noi intendiamo tirare in ballo anche un’altra donna, il ministro per l’istruzione: «Signora, forse dovrebbe incominciare a pensare di far (permanentemente) inserire nei programmi scolastici, a pari dignità con le altre materie, l’educazione sessuale, dalle elementari alle superiori, affidandola, però, a dei docenti che provengano dal mondo della psicologia e della medicina, e non dal professore di scienze o di educazione fisica come avviene oggi. Curando, infine, di lasciar fuori i preti perché la cura dei corpi dei cittadini è compito dello Stato non della Chiesa». 

Ed è da questa confusione di ruoli e di idee che emerge il problema nel problema: delle gravidanze tra minorenni non si sta interessando né lo Stato detentore del diritto positivo, né la Chiesa assertrice di quello naturale, tant’ che nel campo della prevenzione una fabbrica di giocattoli ha saputo fare meglio di loro. A questo punto un po’ di vergogna e magari di resipiscenza qualcuno nei palazzi del potere dovrebbe incominciare a provarla ogni volta che un’adolescente gravida va ad aggiungersi al mezzo migliaio di “Teen moms” che in Italia ogni anno sono costrette ad affrontare un percorso più grande di loro e delle loro distratte famiglie.