Se l’abbondanza di bagni pubblici gratuiti è una delle caratteristiche di un Paese civile quello nostro è proprio messo male perché, anche quando presenti, tali bagni o sono a pagamento, o sono delle autentiche latrine
- Italo Dolente -
Tra i tanti anonimi che facevano il loro onesto lavoro, fino agli anni Sessanta del Novecento a Napoli, in via Foria, v’era un cesso pubblico che i napoletani, burloni come sono, avevano subito battezzato “Ernesto”, sicché darsi appuntamento nei paraggi di “Ernesto a Foria” diventò una divertente moda nella Napoli di un tempo che fu.
Un cesso pubblico napoletano ancora più famoso di “Ernesto” fu quello situato nella zona di Porta Capuana costruito, a quanto ne sappiamo oggi, in modo piuttosto ricercato per essere un cesso, sicché i napoletani quando volevano dare del presuntuoso a qualcuno usavano la locuzione «Te pretiene cchiù tu che ‘o cess ‘e Porta Capuana». La traduzione sarebbe, grosso modo, «Te la tiri più tu che il cesso di Porta Capuana.
Era quella l’epoca in cui le amministrazioni comunali si prendevano cura anche dei bisogni scatologici dei loro cittadini, tant’è che, come Napoli, molte città italiane erano disseminate di bagni pubblici, magari costruiti in marmo od in travertino, e che erano pure gratuiti.
Oggi che i bagni pubblici sono spariti dalle nostre città, ogni tanto i media fingono d’indignarsi perché qualche straniero in visita al nostro Paese in strada i suoi bisogni od all’angolo di monumenti millenari. Sicuramente sono da reprimere comportamenti del genere ma i media, farebbero meglio ad indignarsi del fatto che oggi anche fare i propri bisogni è diventato a un’esigenza da poter soddisfare soltanto pagando e loro, poveri turisti ancora innamorati di questo disgraziato Paese, avendo pagato la tassa di soggiorno, dovrebbero poter almeno pisciare gratis! Se vogliono essere credibili, i tartufi del finanziamenti pubblico alla stampa, invece di scandalizzarsi, si diano da fare per promuovere una martellante campagna per la reintroduzione delle latrine pubbliche nelle nostre città, specialmente nei paraggi di monumenti visitati da migliaia di persone ogni anno. L’esigenza, peraltro, è più sentita di quanto sembri anche dai cittadini cosiddetti comuni, visto che perfino alla stazione di Milano se vuoi andare a fare la pipì devi pagare un euro, sicché un anziano incontinente che dovesse aspettarvi lungamente un treno dovrebbe fare un mutuo solo per poter svuotare la vescica.
Dove ancora resistono i bagni pubblici in Italia è in qualche parco, ammesso che quei bagni siano, poi, consigliabili a dei bambini o ad un adulto mediamente civilizzato. A tal proposito, pubblichiamo tre foto dei bagni pubblici del Parco Bassetti di Gallarate ed altrettante del Parco Cini di Lugano, senza aggiungervi le didascalie esplicative: ai lettori il compito d’indovinare quali siano i bagni pubblici gallaratesi e quali, invece, quelli luganesi.